Procida (NA) – “La solitudine del marinaio” è stato effettivamente un tema simbolicamente potente, che si è prestato a diverse interpretazioni e letture.
A moderare la discussione il capitano Raimondo Lubrano Lavadera, che durante i molti spunti di discussione non ha nascosto una certa emozione. Al suo fianco il Superiore dell’Arciconfraternità Elio Scotto di Perta, che ha introdotto i lavori, e la psicologa Marta Meglio, che ha spiegato cosa si cela dietro quel velo di malinconia, tra sensazioni ed emozioni che è appunto la solitudine del Marinaio.
Presente anche tutto il direttivo del pio sodalizio, da Gaetano Esposito a Salvatore Febbraro a Pasquale Scotto di Perrotolo, che in questi mesi ha lavorato alacremente per il buon esito dell’iniziativa.
Come dicevamo, dopo l’introduzione sul tema dell’incontro, ha preso la parola l’ex Sindaco Aniello Scotto di Santolo, che ha ripercorso le tappe degli ultimi anni che hanno visto il Pio Monte dei Marinai al centro di un’importante discussione anche a livello istituzionale, e che ha visto il coinvolgimento anche di ex sindaci, clero e consiglio comunale, e dei risultati che sono stati raggiunti.
Subito dopo ha preso la parola il padrone di casa, ovvero il parroco della Pietà e padre spirituale dell’arciconfraternità, Don Giovanni Costalgiola, che nel ripercorrere il duro lavoro del mare delle generazioni passate, ha ricordato quanto sia importante agire da cattolici e, soprattutto, da uomini di mare liberi, con un pensiero a quella stella maris che è il timone della fede di tantissimi procidani.
Intervento conclusivo della psicologa Marta Meglio, che ha appassionato tutta la platea, perché ha inquadrato la solitudine del marinaio non solo come una condizione fisica, ma anche come una condizione psicologica e spirituale. Il marinaio, isolato nel vasto mare, lontano dalla sicurezza della terra e dai legami affettivi, incarna l’uomo di fronte all’infinito, al mistero e all’ignoto. Questa solitudine può assumere diverse sfumature:
Solitudine fisica e isolamento geografico: Il marinaio vive spesso lontano dagli altri esseri umani, circondato dalla vastità del mare, un luogo che, pur affascinante e bellissimo, può diventare opprimente e alienante. L’isolamento geografico evoca il tema dell’autoesilio o della separazione da una comunità.
Solitudine interiore: Anche in mezzo all’equipaggio, il marinaio può sentirsi solo, confrontato con la sua propria interiorità. Il mare diventa uno specchio della sua mente, dove è costretto a riflettere sui propri pensieri, sulle proprie paure, desideri e rimpianti. È una solitudine che si lega alla dimensione esistenziale dell’essere umano, alla sua ricerca di significato, al confronto con se stesso.
Tempo sospeso: La vita in mare, scandita dai ritmi naturali delle onde, delle correnti e del vento, si distacca dal tempo ordinario. Questa sensazione di “tempo sospeso” può accentuare il senso di solitudine, come se il marinaio fosse separato non solo dalle persone, ma anche dalla linearità della vita sulla terra.
Il mare come simbolo dell’infinito: Il mare, con la sua vastità e la sua mancanza di confini visibili, può rappresentare l’infinito, un elemento che, pur affascinante, provoca un senso di smarrimento e impotenza. La solitudine del marinaio, in questo senso, diventa una metafora della condizione umana, del nostro essere piccoli di fronte all’universo e alla natura stessa.
Riflessione sul ritorno: Un altro aspetto significativo è il rapporto del marinaio con il concetto di ritorno. Il concetto di “casa” può sfumare, portando a un senso di smarrimento e disconnessione. Il ritorno diventa non solo un viaggio fisico, ma anche un percorso di riconciliazione interiore, che potrebbe non essere mai completato.
Tra i presenti c’era anche il consigliere comunale con delega al lavoro del mare, Carmine Sabia, che ha portato all’attenzione dei presenti il lavoro che si sta mettendo a punto con il capitano Fabio Pagano per la digitalizzazione del libretto di navigazione e altri interventi di natura legislativa.