A cura di Cristina Marra – Ci sono parole che non si possono tradurre, che esprimono il loro significato, la loro essenza solo nella lingua di appartenenza e che indicano la gioia e i piaceri quotidiani che spesso risiedono in gesti semplici. Ilide Carmignani, nota traduttrice italiana e voce di Sepulveda e Bolano, insieme alla consulente editoriale e traduttrice Elena Battista, mette insieme parole intraducibili che raccontano la felicità e provengono da tutto il mondo e regala ai lettori il prezioso “Saltare  nelle pozzanghere” un libro illustrato da Anna Godeassi edito da Rizzoli. Intervisto Ilide e vi lascio all’olandese  VOORPRET  (il piacere di assaporare un piacere che verrà)

Ciao Ilide, com’è nata l’idea di un libro dedicato a parole intraducibili?

 Volevamo raccontare la bellezza di Babele a tutti i lettori. Nella nostra tradizione la pluralità delle lingue è sempre stata vista come una punizione. Nella Bibbia si dice che gli uomini decisero di costruire una torre così alta da arrivare fino al cielo, la torre di Babele, e allora Dio, per punirli di tanta arroganza, confuse la loro lingua, gli uomini non si capirono più, abbandonarono l’impresa e si dispersero su tutta la terra. I traduttori, invece, sanno bene che la pluralità delle lingue è una ricchezza, la ricchezza delle differenze, perché ogni lingua descrive la realtà in modo diverso.

Nel nostro caso, per sottolineare ancora di più le meraviglie di Babele, abbiamo raccolto parole che descrivono piccoli piaceri quotidiani. Sono termini intraducibili perché solo una lingua fra tante ha saputo cogliere la specificità di una certa esperienza umana e ha quindi sentito il bisogno di darle un nome. Per il resto del mondo, quella gioia è rimasta indicibile. Ma è proprio il nome che, in qualche misterioso modo, fa esistere davvero una cosa. Ad esempio, tutti abbiamo provato la sensazione di effervescenza che regala il parlare con una persona che ci piace, ma solo grazie a kilig, il nome che ha ricevuto in tagalog, una delle lingue delle Filippine, possiamo assaporarla consapevolmente dandole il posto esatto nel ventaglio delle nostre emozioni.

Con la coautrice Elena Battista come avete scelto le parole?

Abbiamo cercato su tantissimi dizionari. Saltare nelle pozzanghere è anche un divertissement da traduttrici; chi traduce ama profondamente i dizionari, oltre a passarci la vita sopra. Ma il filo rosso, come dicevo, è quello delle piccole gioie quotidiane alla portata di tutti. In una società performativa come la nostra, dove la felicità sembra sempre nascondersi dietro questo o quell’obiettivo da raggiungere, dove siamo continuamente sollecitati a produrre e a consumare, nella più penosa povertà di tempo, fino a esaurire noi stessi e il pianeta, questo piccolo libro vorrebbe essere un invito a godersi di più il viaggio.

Da traduttrice ti è capitato spesso di avere difficoltà a rendere in lingua italiana una parola o un’espressione?

Certo, continuamente, l’intraducibilità è la nostra sfida quotidiana. Nemmeno i colori, che sono un fenomeno fisico oggettivo e universale, si corrispondono perfettamente tra le lingue: il greco antico non distingue tra il blu e il viola, il gaelico tra il blu e il verde, l’inglese e lo spagnolo tra il blu e il celeste… Poi in qualche modo si traduce sempre, anche se una parte va perduta per colpa, appunto, delle differenze tra lingue-culture. I teorici lo chiamano “residuo traduttivo”; io lo chiamo scherzosamente “la parte degli angeli”, come la quota di whisky che evapora durante l’invecchiamento e che in un certo senso permette al liquore di diventare più buono.

Che tipi di parole troviamo nel libro?

Gli intraducibili che troviamo in questo libro sono di due tipi. Alcuni nascono dalla capacità di certe lingue dette agglutinanti, come il giapponese o il tedesco, di dare vita a parole unendo in un unico termine più morfemi. Ad esempio, lo svedese smultronställe, dove smultron significa fragolina selvatica e ställe posto, alla lettera “il posto delle fragole”, un angolo speciale e un po’ segreto dove rifugiarsi. Altri intraducibili sono invece nomi propri, anche se comuni, di una bella emozione. Il gallese cwtch, ad esempio, e cioè l’abbraccio di una persona cara che infonde calore e protezione.

 Parole e illustrazioni, con Anna Godeassi è stato un lavoro in team o l’illustratrice ha proceduto in modo autonomo?

No, l’illustratrice ha lavorato in coloratissima autonomia, abbiamo solo dato qualche suggerimento da lontano.

La tua parola intraducibile preferita?

Il norvegese tyvsmake, il piacere di assaggiare un cibo ancora in pentola, sui fornelli, prima di andare a tavola.

Un libro tutto al femminile è stata una scelta o una casualità?

Mi verrebbe da dire che è un caso ma a ben guardare no. Sempre più donne scrivono. I traduttori sono quasi tutti donne, si potrebbe usare un femminile sovraesteso senza trascurare nessuno o quasi. E l’editoria è piena di donne, anzi ci terrei a ringraziare Stefania Di Mella, la bravissima editor Rizzoli che ci ha accompagnato nel lavoro. Aggiungerei anche un ultimo anello a questa bella catena, le lettrici, perché sappiamo bene che sono molto più numerose dei lettori.