Mario De Maglie |
L’amore mai realizzato è una malinconia destinata ad accarezzare imperterrita l’intimità del nostro vivere, un pensiero tormentato che impara, con il tempo, a lottare per una sopravvivenza che non sia solo di afflizione, ma che si apra ad una accettazione che renda possibile, non la serenità, ma un equilibrio. Su di esso si possono scrivere romanzi interi, tante son le parole che gli amanti non riescono ad esaurire.
L’amore mai realizzato è una esperienza alquanto comune, oserei dire uno degli inevitabili passaggi della vita, ognuno di noi potrebbe raccontare almeno una storia d’amore che non si è realizzata oppure che è finita molto prima di quanto sperasse. Essere completamente in balia della forza delle proprie emozioni, a tu per tu con l’impotenza, credo che sia una delle esperienze che più contribuiscono a far maturare l’ individuo nel momento in cui è in grado di farvi fronte, reggendo l’inevitabile malessere. Il venire a patti con qualcosa che di per sé tenderebbe ad essere fuori controllo è un processo lungo, metabolizzare l’impossibilità richiede un contenimento emotivo che, ripeto, solo il tempo ha qualche possibilità di offrire. Ne nasce infine una cicatrice, come un tatuaggio indelebile che racconta di noi e del nostro sentire, essa pulsa con un suo proprio battito e può riaprirsi in ogni momento, ma senza sanguinare come un tempo,le basta far fuoriuscire una minuscola goccia di sangue per ricordarci che siamo vivi. Amare è un affare complicato e noi siamo esseri complicati in cerca di amore.
A volte due persone cessano di amarsi, a volte è uno dei due che ha smesso di sentire le stesse cose che prima sentiva, a volte è solo la fantasia di un uomo o di una donna riversata sull’altro senza che ci sia mai stata una speranza concreta.
Amare non significa necessariamente essere o essere stati corrisposti.
Il dio greco Apollo si innamorò perdutamente di Dafne, figlia del fiume Peneo e di Gea, senza che lei lo ricambiasse e portò il suo desiderio alle estreme conseguenze.
Una versione del mito di Apollo e Dafne ci racconta che Cupido, deciso a vendicarsi di un’offesa subita da Apollo, colpisce il dio con una freccia d’oro in grado di far innamorare alla follia, dei e mortali, della prima persona su cui avessero posato gli occhi dopo il colpo e questa sorte capita alla ninfa Dafne. Apollo, nonostante sia una divinità, non un semplice essere umano, non riesce a sottrarsi all’impeto dei sentimenti che gli offuscano la mente.
Dafne è incurante delle attenzioni di Apollo, Cupido l’ha colpita con la freccia dell’odio che la fa rifuggire dal suo innamorato. Un giorno, mentre si aggira per i boschi, Apollo la vede e la insegue. Dafne fugge spaventata tra le sterpaglie, graffiandosi e strappandosi le vesti, mentre il dio le grida il suo amore. Poco prima di essere raggiunta Dafne invoca l’aiuto del padre Peneo affinché la sua forma, causa del suo tormento, sia tramutata in qualcos’altro. In pochi istanti la ninfa si tramuta in un albero di alloro (in greco antico daphne significa appunto “alloro”). Apollo la raggiunge, ma è troppo tardi, riesce appena a rubarle un bacio, prima che la trasformazione sia completata.
E così finisce la vita di Dafne, pur di non subire un amore non richiesto e non voluto. Apollo ha abusato del suo potere e della sua forza nei confronti di una donna che non aveva altri mezzi per difendersi, se non scappare o sacrificarsi. Anche quando il sacrificio ed il dolore della ninfa sono resi ben evidenti dalla tragica scelta, il dio non si ferma dal baciarla. L’ultimo istante di Dafne si chiude con l’ultimo sopruso.
Dafne non sembra essere l’unica vittima, Apollo stesso deve fare i conti con qualcosa che gli è stato imposto e che gli crea dolore in quanto il suo desiderio non trova soddisfazione. Non si sceglie d’amare e non sempre si sa come amare, la razionalità, in questi casi, tarda a far sentire la sua presenza. Apollo, grazie ai suoi poteri, può conoscere il futuro e prevedere come finirà il suo amore per Dafne, eppure porta la storia alle sue tragiche conseguenze. Egli è il dio dell’ordine e del raziocinio, eppure compie atti irrazionali per amore. Il sentimento sconvolge la ragione.
Ha un alto valore simbolico nel mito che sia Cupido, un elemento esterno, ad infondere determinati sentimenti ad entrambi, li deresponsabilizza dal provare le emozioni che provano. Non siamo responsabili di amare, semplicemente accade, innumerevoli fattori esterni ed interni alla persona concorrono alla nostra attivazione emotiva, ma siamo responsabili di come amare. Possiamo gestire il nostro comportamento in relazione al nostro vissuto. Nessun sentimento, per quanto reale e autentico, ci autorizza a non tenere conto di quello che prova l’altro. Apollo non è stato in grado di farlo e, se lui era un dio immaginarsi, per il comune mortale, lo sforzo immane. Provare amore, in un primo momento, riempie e fa sperare e relazionarsi con un possibile no dell’altra persona è un’esperienza che non si augura a nessuno, ma che prima o poi capita.
Ed è allora che possiamo scegliere se essere come Apollo e recare all’altro le paure e le apprensioni di Dafne oppure, attraverso la crisi che stiamo vivendo, darci l’opportunità di maturare anche attraverso il dolore. La prima scelta porta all’annientamento dell’altro e di noi, la seconda è un atto di amore verso noi stessi e che rende libero l’altro. Non c’è bisogno di essere una divinità per amarsi e rispettarci.