Vittorio Pezzuto | Vorremmo poter scrivere un altro articolo. Vorremmo poter raccontare con soddisfazione di una formazione politica che finalmente spariglia i giochi, che iscrive temi decisivi nell’agenda parlamentare, che smantella a colpi di fatti luoghi comuni e diffidenze preconcette. Vorremmo tratteggiare i profili di cittadini motivati e allegri (di quell’allegria che ti mette addosso la soddisfazione per il lavoro ben fatto) che dai loro scranni ci offrono quanto ci era stato promesso in campagna elettorale da Grillo: competenza, passione, cultura. E invece stiamo qui a combattere contro l’afa e la tentazione di mollare taccuino e computer perché un’altra giornata grillina si è consumata nel brogliaccio dell’inutilità. Liti, battibecchi, slogan insipidi e frasi insulse si sono riaffacciati puntuali anche all’indomani del processo a porte chiuse che ha decretato la messa al bando di Adele Gambaro. Fatterelli senza notizia ma con un retrogusto acido: il menu a 5 stelle non riesce a offrire altro. Se ne sono accorti anche i francesi de Le Monde, che osservano come «le purghe stanno diventando un’abitudine» e guardano disincantati «questi Guardiani della Rivoluzione in salsa italiana» che si fanno fuori tra loro a colpi di clic intransigenti. Se n’è accorto anche il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz che ha buon gioco a definire Grillo «un Robespierre che fallirà anche nell’attualità». Se ne accorgono alla buvette i cronisti delle agenzie, fatti oggetto del disprezzo a voce alta di tale Dalila Nesci perché osano prendere nota delle parole della sua collega Paola Pinna («Guarda questa che si confessa con questi qua»). Si rassegni la senatrice pentastellata Serenella Fucksia, che su Facebook scrive «omnia munda mundis» ed evoca «Campo dei fiori…Giordano Bruno…gli eretici, il fanatismo e la libertà di pensiero». Ha sbagliato compagnia, si è ritrovata tra nostalgici della Santa Inquisizione che hanno trasformato il web in una parodia della democrazia. Gente come la maestrina Roberta Lombardi, campionessa di simpatia («Pinna? Non la conosco, chi è?») e coerenza («Perché non abbiamo trasmesso la nostra riunione in streaming? Va bene la trasparenza ma fessi proprio no…»). Con il suo atteggiamento sprezzante, in questi primi tre mesi la ex capogruppo dalla matita blu ha fatto al Movimento più danni della gramigna ma intanto corre fuori da Montecitorio, felice di abbracciare un centinaio di sfaccendati che inneggiano al repulisti interno. Alzano cartelloni con le fotografie dei quattro traditori, se la prendono contro la stampa di regime che oscura i successi del Movimento, idolatrano il guru Beppe Grillo. A guardarli ci appaiono per quello che sono: tristi figuranti della rivoluzione culturale cinese che plaudono al processo contro la Gambaro, colpita per educarne altri cento. Nel tentativo di distrarre l’attenzione da cotanta pochezza, Beppe Grillo continua nel frattempo a vestire i panni dell’omonimo marchese romano e soprattutto a interpretarne l’aurea massima («Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo!») senza però la levità della celebre maschera sordiana. Vomitando l’ennesimo post astioso sul suo sito, l’ex comico prova a combattere la sindrome dell’isolamento politico con una prosa stanca e che ha stancato. Questa volta se la prende con «la voce squillante della Sonia Alfano in scadenza da europarlamentare, l’Ingroia di ritorno dai monti dopo il trionfo elettorale, filosofi e intellettuali della caratura di Flores D’Arcais, portasfiga d’annata». Attacca soprattutto il deputato del Pd Pippo Civati, colpevole di cercare un dialogo con i parlamentari della sua armata Brancaleone: «Pippo ormai passava più tempo con i parlamentari a 5 Stelle che con i suoi compagni di partito. Su questo punto va capito, non c’era scelta. Si immedesimò nella parte al punto da approvare all’istante, ma mai votare, tutte le proposte del M5S. Era uno di loro, ma anche uno di noi. Un perfetto cane da riporto. Ogni sera Gargamella, sull’uscio della trattoria di Bettola, le maniche arrotolate aspettava Pippo con il parlamentare in bocca. Gargamella sognava i deputati degli altri per un Governo nuovo, di ascari al servizio del pdmenoelle al Senato. L’erba del M5S, come quella del vicino, era sempre più verde e Gargamella non si rassegnava. Pippo era l’uomo giusto, faccino da seminarista, occhi da cerbiatto, ciuffo da ragazzo progressista. Cene su cene, ammiccamenti, inviti, proposte a lume di candela. A capotavola parlava e parlava di vittorie della sinistra unita grazie a senatori del M5S che sposavano la ‘responsabilità’ verso il Paese. Forse qualcuno ci ha creduto a questo novello Lucignolo che ha il compito di trasformare dei parlamentari in ciuchini nel Paese dei Balocchi del pdmenoelle in cui tutti diventano servi di Berlusconi». Ecco, la citazione è terminata, il nostro dovere quotidiano lo abbiamo assolto. E poco importa se da cotanto leader arrivano sempre dileggio e disprezzo, mai una proposta. E poco importa se chi era partito per riformare la Repubblica del gattopardo si è ormai ridotto a muovere guerra a un Civati. Son problemi suoi e dei suoi seguaci, che nel loro solipsismo malmostoso s’illudono che tutto questo sia politica. La loro inconcludenza nel Palazzo verrà presto giudicata dagli elettori. Erano sconosciuti, hanno avuto un’occasione, la stanno sprecando, non li rimpiangeremo.