A cura di Cristina Marra – Può un personaggio fittizio entrare con tanta forza nell’immaginario collettivo da dedicargli un libro-guida? Sì. Succede se il personaggio è di Elena Ferrante e se a scriverne con sguardo indagatore e penna critica e ironica è Raffaella Ferrè. Con Lo stronzo geniale- Guida semiseria di Nino Sarratore edito da Colonnese, il personaggio di Sarratore, controverso e ambiguo, che attrae ma che sa ferire è “investigato” dall’autrice nelle sue complessità e confrontato con altri uomini della fortunata saga. Raffaella Ferrè prolifica autrice di saggi, romanzi e racconti e studiosa di Ferrante, scrive una piacevole guida che fa riflettere senza luoghi comuni, dedicata a chi si è appassionato ai romanzi di Ferrante e alla successiva fiction TV e vuole approfondire la tematica dell’amore tossico che rende “sarratoriane” le donne e comprendere il perché “un Nino Sarratore lo conosciamo tutti”.

Raffaella sei appassionata della saga di Elena Ferrante, cosa ti ha spinto a scrivere questa guida dedicata proprio al personaggio di Nino Sarratore? Cosa ti piace della saga?

Sono una delle appassionate lettrici di Elena Ferrante, la sua intera opera e in particolare modo la tetralogia de L’Amica Geniale. A spingermi verso la scrittura di un testo che muove da uno dei personaggi magistralmente creati da questa Autrice per andare ad analizzare il fenomeno sociale che lo accompagna – l’odio che Nino Sarratore riesce a catalizzare in lettrici, lettori e telespettatori a livello internazionale, dai romanzi alla serie tv – è stata la volontà di capire perché Nino risuona in noi e come mai in molti, come me, sono certi di aver incrociato delle manifestazioni “sarratoriane” nella vita quotidiana. Mi sono chiesta, in pratica, da dove nasceva la battuta ricorrente: “Un Nino Sarratore, nella vita, capita a tutte” e “Un Nino Sarratore lo conosciamo tutti”, e ho cercato di dare una risposta, andando a scandagliare esperienze personali mie e soprattutto altrui. Della saga de L’Amica Geniale, che consiglio a tutti, amo la possibilità di cogliervi – come in questo caso – spunti per la vita reale, insegnamenti, e una narrazione capace di avvincere e accompagnare. È la grande capacità di Ferrante di farci chiedere non solo come andrà a finire la storia raccontata, ma la nostra.

Nino Sarratore è un personaggio doppio, un manipolatore dal fascino ambiguo. Quanto è facile incontrarlo realmente? Com’è stato da donna raccontare e analizzare questa figura?

Credo che quelle che chiamo manifestazioni “sarratoriane” siano ricorrenti, pervasive e facilmente individuabili nella nostra vita quotidiana; il guaio è che, come sempre capita con i reali rappresentanti della stirpe Sarratore, ce ne rendiamo conto solo a posteriori, perché tutto nei “Nino” è promessa e divenire e, solo infine, rivelazione e accettazione della verità. Credo anche che, come mi ha raccontato anche Francesco Serpico – meraviglioso interprete di Nino nelle prime tre stagioni della serie tv tratta dai romanzi di Ferrante – dei tratti di questo personaggio siano riscontrabili in tutti gli uomini. Questo va a confermare una sorta di bias culturale, alcune sfumature della cosiddetta mascolinità tossica, e soprattutto, ci riconduce agli intenti di Ferrante nel creare il personaggio: voler rappresentare gli effetti della superficialità combinati con una buona istruzione e una moderata intelligenza. E queste cose, purtroppo, le abbiamo sperimentate tutte e tutti ben oltre il romanzo. Raccontare e analizzare, da donna, questa figura, ha significato anche confrontarmi con il contraltare dei “Nino”, la “Lenù”. E siamo stati tutti le Lenù di qualcuno, anche Lila.

Nel libro ci sono anche riferimenti agli interpreti della fiction tv. I loro contribuiti e interpretazioni sono stati fedeli? Cosa hanno dato o tolto al personaggio?

Le interpretazioni di Serpico prima, e Gifuni poi, hanno dato tridimensionalità al personaggio, rendendolo visibile. Se Elena Ferrante ci ha fatto il gran piacere di rendere Nino un soggetto riconoscibile, loro sono riusciti a portarlo in scena, a costringerlo quasi a esistere, con un corpo, una faccia, una voce, una gestualità, davanti al pubblico televisivo. Serpico è stato in grado di mostrarci le sue vulnerabilità e il suo fascino ambiguo, è un Nino idealizzato da chi lo guarda e che, spesso senza volere, si ritrova a fare il tifo per lui; Gifuni ci ha reso il ritratto di un uomo immaginario che risuona nel reale. Ci sono particolari scene in cui mostra, ad esempio, atteggiamenti di sufficienza o di evitamento davanti alle osservazioni e alle domande di Lenù – una bravissima Alba Rohrwacher –. Ebbene, se facciamo scorrere la memoria, sappiamo di aver sperimentato questo tipo di sguardi, espressioni e movenze anche nella realtà.

Il tuo è un approccio analitico al “fenomeno Serratore” e alle dinamiche sentimentali tossiche, utilizzi anche uno sguardo ironico?

Assolutamente sì. Prima di tutto perché l’ironia è uno dei tratti di cui il Nino Sarratore personaggio manca, sia perché si prende molto sul serio, sia perché per riuscire a ridere delle situazioni e persino di sé stessi, occorre la capacità di fare autocritica, di cui lui non è davvero provvisto. Inoltre, credo e temo che uno degli effetti del “fenomeno Sarratore” quando sperimentato nel quotidiano, sia il togliere la capacità di ridere anche alla controparte: ci si sente feriti, illusi, traditi da lui e da sé stessi, si fatica ad accettare di essersi sbagliati e di esser stati indotte e indotti allo sbaglio, e si perde di vista la possibilità di una risata liberatoria. Tra le tante lacrime, amarezze e disinganni, invece, forse è il caso di inserire proprio questa.

Ti sei sentita un po’ detective a indagare su un personaggio tra verità e finzione?

Da appassionata di gialli, di crime e di true crime, mi piace l’idea di essermi messa sulle tracce di quei tratti del Nino che ricorrono e si manifestano nei soggetti più insospettabili. Più che a una caccia al personaggio o alla persona, però, credo di essermi trovata a indagare sulle dinamiche che egli scatena. E lì credo di aver iniziato a delineare un buon identikit, che può fare solo da minimo corollario all’operazione di squadernamento e inquadramento totale creata e sviluppata da Ferrante.

Secondo te perchè l’Amica Geniale piace tanto anche all’estero?

Perché è una storia universale. Perché combina temi – e l’amore e le relazioni sentimentali né rappresentano solo una parte – con cui tutte e tutti siamo chiamati a confrontarci sin dall’infanzia, e poi nella maturità. L’emancipazione femminile, l’amicizia, la maternità, lo studio, il lavoro, la politica, il rapporto con le proprie origini, la voglia e il genio, la possibilità di diventare altro e di tornare a sé stessi, sono argomenti su cui tutti, prima o dopo, devono riflettere. L’Amica Geniale ci aiuta a farlo e, anche per questo, merita tutto il successo che ha.

Il libro è uscito da poco, cosa ti aspetti dai lettori?

Spero che questo piccolo progetto creativo che porto avanti con Colonnese Editore, trovi accoglienza e, soprattutto, faccia il suo dovere: contribuire al discorso ampissimo e immenso su ciò che Ferrante ci ha trasmesso; regalare la possibilità di un sorriso e di un sollievo di comunanza a chi crede di aver incrociato un Nino Sarratore nella propria esistenza.